Perché parlare di sicurezza in cucina? Il motivo è semplice: ogni anno nei Paesi industrializzati circa il 30% della popolazione va incontro a malattie da contaminazione microbica degli alimenti, con elevati costi sanitari, assicurativi e previdenziali. Nell’ambiente domestico si verificherebbe dal 30% al 40% e oltre del numero complessivo di tossinfezioni alimentari.

Evidentemente sono ancora molti coloro che non conoscono le norme igieniche più importanti. Ma forse sono ancora più numerosi coloro che, pur conoscendole, non le rispettano.

A titolo di esempio, è risaputo che gli alimenti deperibili, come il latte fresco, vanno conservati alla temperatura indicata in etichetta (4°C), ma quanti di noi conoscono la temperatura del loro frigorifero?

E quanti, pur consapevoli dell’importanza di lavare bene le mani prima e durante la preparazione degli alimenti (in particolare quelli “delicati” come la carne cruda), lo fanno nel modo giusto?

Basti pensare a com’è diffusa l’abitudine di aprire il lavandino con le mani sporche e di richiuderlo, con le mani pulite, senza averlo lavato! Con il possibile rischio di ricontaminazione.

Insomma, così come i produttori ed i trasformatori hanno grandi responsabilità nel garantire alimenti sicuri, e le autorità sanitarie nell’effettuare i dovuti controlli, anche il consumatore non è da meno.

Eppure, egli spesso sottovaluta il suo ruolo, forse perché, com’è stato evidenziato, si tende a sopravvalutare i rischi che non dipendono da noi e a sottostimare quelli che invece sono sotto il nostro controllo. È necessaria, quindi, una maggiore attenzione, senza peccare di eccessiva falsa sicurezza.

Con la consapevolezza che, se tutti siamo a rischio per le malattie trasmesse da alimenti, ci sono persone che corrono rischi ancora maggiori se consumano alimenti non sicuri. Questo vale per coloro che sono affetti da malattie croniche, gli immunocompromessi, le donne in gravidanza, i bambini piccoli, gli anziani. Ai quali si aggiungono ora altre possibili categorie a rischio per il modificato stile di vita.

Basti pensare ai ragazzi che sempre più spesso si preparano i piatti da soli o ai single, soprattutto maschi (in una indagine condotta negli Stati Uniti, si è osservato che i comportamenti a rischio erano prevalenti negli uomini e stranamente aumentavano col crescere della condizione socio-economica).

Altre possibili fonti di rischio sono legate alla comparsa di modalità culinarie, conseguenti alla consistente immigrazione, che si fondano sulle abitudini dei Paesi di provenienza, non sempre idonee a garantire un’efficace prevenzione delle malattie a trasmissione alimentare. Lo stesso vale per alcune nuove abitudini, come quella di preparare in ambito domestico o artigianale, senza le dovute precauzioni, alimenti sottovuoto o in atmosfera modificata.

La sicurezza alimentare è quindi un argomento di grande attualità, di cui si deve parlare. E lo devono fare, in primo luogo, le istituzioni: il documento “Alimentazione sicura in ambito domestico:obiettivi e raccomandazioni per la prevenzione e sorveglianza delle tossinfezioni alimentari” dell’Istituto Superiore di Sanità, dal quale abbiamo tratto spunto, rappresenta un importante esempio.

Diffondere le norme igieniche che permettono di ridurre il rischio di malattie trasmesse da alimenti è tuttavia un compito da condividere anche con gli insegnanti, gli operatori sanitari, e ancor più i media (televisione, giornali) i quali, alla luce dei risultati delle indagini domestiche sulla sicurezza alimentare, sembrano essere la forza principale per indurre cambiamenti. Mani pulite, ma non solo.

Fermo restando che tutte le regole sono ugualmente importanti (per la loro elencazione si rimanda al sopra citato documento), quali sono le operazioni più spesso trascurate ?

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’adeguata cottura degli alimenti ed il loro riscaldamento, come pure l’idoneo approvvigionamento, sono attività più spesso eseguite in modo corretto. Invece, le operazioni sulle quali si compiono i maggiori errori, e che devono quindi diventare oggetto di particolare attenzione, sono quelle che riguardano la appropriata conservazione degli alimenti, l’igiene di coloro che preparano i pasti e la pulizia della cucina. E sono forse quelle che siamo più convinti di far bene!

Sull’argomento “sicurezza in ambito domestico”, ed in particolare su alcuni aspetti che riguardano i prodotti lattiero caseari, abbiamo interpellato il dottor Paolo Aureli (Direttore del Centro Nazionale per la Qualità degli Alimenti e per i Rischi Alimentari dell’Istituto Superiore di Sanità).

Il “commento autorevole” nDottor Paolo Aureli (Direttore del Centro Nazionale per la Qualità degli Alimenti e per i Rischi Alimentari, Istituto Superiore di Sanità)

“Ancora oggi i consumatori sono poco consapevoli che gli alimenti veicolano microrganismi. Questo può spiegarsi con il fatto che si tratta di organismi viventi di così piccole dimensioni da risultare “invisibili” ad occhio nudo. Eppure della loro presenza si ha una quotidiana evidenza: basti pensare che i sapori o gli odori sgradevoli di alcuni alimenti, l’alterata consistenza o la comparsa di formazioni cotonose su altri è proprio dovuta alla moltiplicazione dei microrganismi.

Dunque, si deve sempre tener conto che sulle materie prime alimentari possono vivere organismi microscopici che hanno bisogno di nutrienti per il loro sostentamento e questo causa la modifica delle caratteristiche organolettiche delle materie prime o dei prodotti alimentari finiti.

Lo studio di questi fenomeni, iniziato un paio di secoli fa, ha permesso di capire, però, che grazie all’attività microbica era possibile ottenere una smisurata varietà di alimenti (oggi ad esempio sono circa 4.000 i prodotti alimentari derivati dalla azione dei batteri lattici), di migliorarne le proprietà nutrizionali e la digeribilità; e più recentemente di scoprire che proprio essi con la loro presenza possono esercitare un benefico effetto sulla salute umana riducendo il rischio di talune malattie.

Ma non tutti i microrganismi sono “amici” dell’uomo: ce ne sono tanti, la maggioranza, che deteriorano la qualità dei suoi alimenti o ne attentano la salute (causa di tossinfezioni alimentari). Lo studio dei fattori che favoriscono la moltiplicazione dei microrganismi responsabili del deterioramento e delle infezioni/intossicazioni alimentari ha permesso di elaborare appropriate ed efficaci strategie di prevenzione e controllo al punto che i prodotti alimentari industriali raramente sono causa di allerta alimentari.

Purtroppo, non si può dire la stessa cosa degli alimenti preparati o consumati a livello domestico, malgrado siano state promosse numerose iniziative da enti pubblici o privati per la divulgazione delle misure igieniche più appropriate per preparare/manipolare alimenti sicuri in casa.

Ci si dimentica così che gli alimenti deperibili o cotti non vanno lasciati a temperatura ambiente per più di una o 2 ore; che le superfici di lavoro vanno pulite con detersivi prima di iniziare la manipolazione deg i alimenti specialmente se in casa vivono animali; che il latte crudo è meglio consumarlo dopo appropriato riscaldamento (senza arrivare alla bollitura!); che gli alimenti, una volta aperta la confezione, non hanno la durata indicata in etichetta; che i formaggi ad alto tenore di umidità non vanno tenuti in contenitori chiusi per tempi prolungati altrimenti ammuffiscono; che l’ingiallimento della superficie della mozzarella che fuoriesce dal liquido di governo non indica un pericolo.

Per contro, non ci si deve allarmare troppo buttando i residui delle confezioni aperte dopo uno o due giorni, come davanti ad una certosa che si presenta particolarmente spalmabile dopo qualche giorno di conservazione in frigorifero.

In conclusione, dobbiamo aumentare gli sforzi per migliorare l’informazione e la adozione di corretti atteggiamenti nei consumatori per garantire anche a livello domestico alimenti sicuri.”

Autore: Carla Favaro