Alimentazione nella terza età: un argomento di sempre maggiore interesse, anche per il progressivo invecchiamento della popolazione che caratterizza le società occidentali. La ricerca in questo campo è molto attiva: fra i tanti studi più recenti, alcuni riguardano i prodotti lattiero caseari e approfondiscono il rapporto tra il consumo di latte, formaggi, yogurt e terza età.

A questo proposito, risulta particolarmente significativa una ricerca (1) condotta presso la Harvard School of Public Health di Boston (USA), e pubblicata da Hypertension , che ha voluto indagare l’associazione fra prodotti lattiero caseari e incidenza di ipertensione nell’ambito di uno studio di coorte prospettico condotto su quasi 29000 donne di età = o > 45 anni.

In questo studio, durato dieci anni, si è osservato che sia l’assunzione di prodotti lattiero caseari a basso contenuto di grassi, sia l’assunzione di calcio, sia l’assunzione di vitamina D erano inversamente associati con il rischio di ipertensione, suggerendo un loro potenziale ruolo nella prevenzione primaria di questa malattia.

Nel secondo studio (2) , pubblicato dal Journal of Periodontology, alcuni ricercatori della Kyushu University di Fukuoka, in Giappone, partendo dalla osservazione emersa in precedenza di una associazione inversa fra consumo di prodotti lattiero caseari e prevalenza di parodontite (infiammazione che si estende all’osso e agli altri tessuti di supporto dei denti), hanno voluto indagare quale tipo di prodotto potesse conferire un beneficio sulla malattia parodontale.

A tal fine, essi hanno studiato 942 persone di 40-79 anni affette da malattia parodontale, delle quali hanno valutato l’associazione fra condizioni parodontali (determinate attraverso opportuni parametri ) e consumo di prodotti lattiero caseari quali latte, formaggio, yogurt e bevande con fermenti lattici.

Dopo aver aggiustato per le variabili confondenti, essi hanno osservato che coloro che mangiavano 55 o più grammi di yogurt o di bevande con fermenti lattici al giorno presentavano una minore prevalenza di tasche parodontali profonde e di grave perdita di attacco gengivale rispetto a coloro che non mangiavano questi cibi, concludendo che il consumo abituale di questi alimenti potrebbe avere un effetto benefico sulla malattia parodontale.

Il terzo studio (3) è stato condotto presso gli Ospedali Universitari di Ginevra, in Svizzera, e pubblicato dal British Journal of Nutrition. In questa ricerca, che ha coinvolto 30 donne sane in post menopausa (età media 59 anni), si è voluto indagare l’effetto dell’aggiunta, per sei settimane, ad una dieta standard che forniva 600 mg di calcio, di mezzo litro di latte parzialmente scremato al giorno (contenente 600 mg di calcio).

Durante questo periodo, si è osservata una riduzione di alcune variabili biochimiche compatibili con un diminuito turnover osseo: questo ha portato gli autori a concludere che un approccio nutrizionale di questo tipo nei confronti della alterazione del metabolismo osseo in postmenopausa può rappresentare una valida misura per la prevenzione primaria di osteoporosi.

Queste sono solo alcune delle novità emerse dalla letteratura e che vengono, in parte, a confermare studi precedenti e in parte ad aprire nuove prospettive di indagine. Ma in un contesto più ampio, qual è il ruolo dei prodotti lattiero caseari nell’alimentazione dell’anziano?

Il ruolo dei prodotti lattiero caseari nell’alimentazione dell’anziano

La risposta nel:

Il “commento autorevole”

Tiziano Lucchi (dirigente medico U.O. Geriatria, Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena, Milano, professore a contratto presso la scuola di specializzazione in Geriatria, Università di Milano)

“ In età avanzata, poiché diminuisce il fabbisogno calorico, è opportuno consumare alimenti ad alta densità nutrizionale, ossia con un elevato rapporto fra nutrienti raccomandati e calorie contenute nell’alimento.

Il latte e i suoi derivati rivestono in tal senso un ruolo di fondamentale importanza tanto che la loro assunzione o meno, almeno 1 volta al giorno, rappresenta un item del Mini Nutritional Assesment (http://www.mna-elderly.com), un test di valutazione dello stato nutrizionale dell’anziano.

La piramide alimentare proposta per gli anziani dagli esperti della Tufts University di Boston (USA) (http://nutrition. tufts.edu) prevede l’assunzione quotidiana di tre o più porzioni di prodotti lattiero-caseari a basso contenuto di grassi: una porzione è rappresentata da una tazza di latte scremato o parzialmente scremato o di yogurt magro o da quantità equivalenti di formaggio.

Una tazza di latte o di yogurt (250 ml), 100 g di ricotta o 3 cucchiai di parmigiano grattugiato (25g) contengono circa 300 mg di calcio ossia ¼ del livello di assunzione raccomandato per l’anziano secondo le Recomended Dietary Allowance (RDA) americane (Tabella 1). Il calcio fornito sotto forma di prodotti lattiero-caseari sembra essere più biodisponibile di quello contenuto negli integratori.

Ciò potrebbe essere dovuto a peptidi bioattivi presenti nel latte e nei derivati (caseinfosfopeptidi), o alla forma chimica del calcio stesso che nei prodotti lattiero-caseari si trova prevalentemente sotto forma di calcio fosfato.

Osteoporosi, prodotti lattiero caseari e apporto di calcio

L’osteoporosi è una malattia di frequente riscontro negli anziani: in Italia essa interessa il 15,5% degli uomini ed il 46,4% delle donne sopra i 75 anni di età ed espone ad un aumentato rischio di frattura.

Le fratture più frequenti nella donna anziana sono quella dei corpi vertebrali, quella del terzo prossimale del femore e quella del polso. Poiché la perdita di calcio è un fenomeno età dipendente, il principale fattore determinante il superamento della soglia di frattura è il picco di massa ossea che si raggiunge nelle prime tre decadi di vita.

A parità di perdita del tessuto osseo chi parte da un picco alto rimane anche in età avanzata al di sopra della soglia di frattura.

Un adeguato apporto di calcio nella dieta è quindi di fondamentale importanza, specie nelle donne, già fin dalle prime decadi di vita. In corso di invecchiamento l’apporto di calcio continua ad avere un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’omeostasi del tessuto osseo e elevati apporti di calcio (1200-1500 mg/die) hanno effetti benefici sulla densità ossea, contrastando l’osteoporosi e le fratture.

Negli anziani aumenta la prevalenza di intolleranza al lattosio che può portare ad un ridotto introito di latte, e quindi di calcio, favorendo l’osteoporosi.

Nei soggetti con intolleranza o difficoltà digestive per il latte si può impiegare latte “delattosato” e risultano spesso ben tollerati lo yogurt, per la presenza di lattasi nei microorganismi fermentativi e i formaggi stagionati per il loro trascurabile contenuto in lattosio che si trasforma in acido lattico durante la stagionatura.

In corso di invecchiamento aumenta anche la prevalenza del diabete mellito di tipo 2: alcuni studi hanno evidenziato una correlazione inversa tra consumo di prodotti lattiero-caseari e insorgenza di insulino-resistenza.

Il latte ed i suoi derivati sono anche apportatori di proteine ad alto valore biologico, ossia contenenti tutti gli aminoacidi essenziali in quantità proporzionate rispetto alla necessità dell’organismo. In particolare, nei formaggi stagionati la caseina e le altre proteine derivate dal latte risultano più facilmente digeribili perché durante la stagionatura vanno incontro a fenomeni fermentativi di proteolisi che liberano aminoacidi prontamente assorbibili.

Cento millilitri di latte forniscono circa 3.5 g di proteine; il contenuto proteico sale a circa 19 g/etto in un formaggio fresco (es. mozzarella, robiola, stracchino) e a più di 30 grammi/etto in un formaggio stagionato (es. parmigiano reggiano, grana padano, groviera): un contenuto maggiore di quello delle carni fresche (es carne di bovino, di maiale, di tacchino) che, mediamente, ne forniscono 20 grammi/etto.

In un soggetto adulto di 70 Kg di peso corporeo, con un fabbisogno proteico giornaliero pari a circa 0,8 g pro Kg di peso, mezzo litro di latte, 100 g di formaggio fresco o 50 g di formaggio stagionato coprono circa un terzo di tale fabbisogno.

Il deficit di apporto proteico è facilmente riscontrabile nelle diete degli anziani con problemi di mobilità e con problemi economici. In alcuni studi, una dieta ad elevato contenuto di proteine (>1,5 g/kg/die) associata all’esercizio fisico si è dimostrata efficace nell’aumentare la massa muscolare nell’anziano.

Il ricco apporto calorico e proteico dei formaggi stagionati può risultare pertanto utile in situazioni di malnutrizione o di stress metabolico con bilancio azotato negativo (infezioni, fratture, ulcere da pressione, interventi chirurgici). Per ottenere un pari valore energetico e proteico a quello contenuto in un formaggio stagionato è necessaria l’assunzione di una quantità pressoché doppia di carne che nell’anziano può essere limitata da problemi di masticazione e deglutizione.

I grassi sono i nutrienti con maggiore densità calorica (9kcal/g rispetto alle 4kcal/g delle proteine e dei carboidrati) e sono indispensabili per l’assorbimento delle vitamine liposolubili (come le vitamine D, A, E, K).

Rapporto tra colesterolo e apporto di grassi nella dieta dell’anziano

Il colesterolo è il precursore di vitamine (es vit D), di ormoni e di acidi biliari e svolge pertanto funzioni essenziali nel nostro organismo.

Tuttavia, la morbilità e la mortalità da malattie cardiovascolari, la cui causa principale è l’aterosclerosi, hanno indotto le Consensus Conference a dettare linee guida che suggeriscono una restrizione di grassi saturi, prevalentemente di origine animale, al fine di controllare i livelli ematici di colesterolo.

In corso di invecchiamento i livelli delle lipoproteine in circolo aumentano ma il rischio relativo dell’ipercolesterolemia diminuisce. Ciò suggerisce un atteggiamento meno drastico nel ridurre i livelli di colesterolemia nell’anziano. Una riduzione significativa del contenuto di grassi nella dieta è invece da perseguire nell’anziano quando si debba attuare una prevenzione secondaria. Il contenuto in grassi saturi, insaturi e in colesterolo varia in rapporto al tipo di latte (intero, parzialmente scremato, scremato) ed è maggiore nei formaggi stagionati.

I lipidi contenuti nei formaggi stagionati sono costituiti in buona parte da acidi grassi a catena corta che vengono assorbiti rapidamente e sono prontamente disponibili. Tra i grassi contenuti nei formaggi sono presenti anche l’acido linoleico coniugato e sfingolipidi che, secondo alcuni ricercatori, sono protettivi nei confronti di alcune neoplasie.

I prodotti lattiero-caseari contengono oltre al calcio anche altri importanti minerali come il fosforo, il magnesio, il selenio e lo zinco, quantità variabili di vitamine liposolubili (vitamina A, E) e idrosolubili (vitamine del gruppo B, niacina, biotina) che fanno parte dei micronutrienti raccomandati nelle RDA (Tabella 2). Il contenuto è particolarmente rilevante dal punto di vista nutrizionale per alcune vitamine (vit A, B12, B2, biotina). Il deficit di micronutrienti nell’anziano è di più frequente riscontro rispetto al giovane, ciò è dovuto anche al maggior consumo di farmaci che possono interferire con il loro assorbimento e metabolismo. Il deficit di vitamine e minerali è riscontrabile anche in soggetti anziani obesi.

I formaggi contengono anche una quantità significativa di sodio: essa varia per 100 grammi di parte edibile, da un minimo di 80 mg della ricotta di mucca ad un massimo di 1800mg del pecorino. L’apporto di sale con la dieta e le relative limitazioni nel soggetto iperteso, per il quale si raccomanda un apporto di sodio < 2,4 g/die, sono oggetto di discussione.

Mancano dati definitivi per l’anziano; secondo lo studio DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) l’approccio dietetico adatto a ridurre l’ipertensione arteriosa include 3 porzioni giornaliere di prodotti caseari a basso contenuto di grassi (come i formaggi a basso contenuto di grassi che si possono trovare facilmente in commercio).

Un ultimo aspetto è quello di una potenziale attività prebiotica e probiotica, ossia di stimolo e di colonizzazione della microflora intestinale, dei prodotti lattiero-caseari specie se fermentati. Alterazioni anatomiche acquisite a seguito di interventi chirurgici (gastroresezione, anastomosi, fistole), modificazioni funzionali conseguenti all’invecchiamento (ipocloridria, diminuzione della velocità di transito intestinale, riduzione delle IgA secretorie) e il frequente impiego di antibiotici, possono alterare profondamente l’ecosistema intestinale nell’anziano.

Alcune specie di lattobatteri oltre a svolgere un’azione di riequilibrio sull’ecosistema intestinale e di protezione nei confronti di batteri patogeni, sono anche in grado di influenzare positivamente la funzione immunitaria.

E’ stato anche ipotizzato un effetto protettivo di questi microorganismi nei confronti del cancro del colon .”

Bibliografia

1) Wang L, Manson JE, Buring JE, Lee IM, Sesso HD.Dietary intake of dairy products, calcium, and vitaminD and the risk of hypertension in middle-aged and olderwomen. Hypertension. 2008 Apr;51(4):1073-9.

2) Shimazaki Y, Shirota T, Uchida K, Yonemoto K,Kiyohara Y, Iida M, Saito T, Yamashita Y. Intake ofdairy products and periodontal disease: the HisayamaStudy.J Periodontol. 2008 Jan;79(1):131-7

3) Bonjour JP, Brandolini-Bunlon M, Boirie Y, Morel-Laporte F, Braesco V, Bertière MC, Souberbielle JC.Inhibition of bone turnover by milk intake in postmenopausalwomen.Br J Nutr. 2008 Feb 26;:1-9

Autore: Carla Favaro

Comitato scientifico