Anche una sola sigaretta…

Il fumo causa un aumento acuto della pressione sanguigna e del battito cardiaco che persiste per più di 15 minuti dopo aver fumato una sigaretta.

Il fumo è anche un potente fattore di rischio cardiovascolare.

Ma non è mai troppo tardi per trarre benefici dall’abbandono di questa abitudine.

Dopo un anno, l’eccesso di rischio di malattia coronarica causata dal fumo viene ridotto della metà. Dopo 15 anni il rischio è simile a quello delle persone che non hanno mai fumato!

http://www.americanheart.org/presenter.jhtml?identifier=4731

Sodio: discrezionale e non discrezionale

Le fonti di sodio nell’alimentazione comprendono quello “discrezionale” (contenuto nel sale aggiunto nella cucina casalinga o a tavola) e “non discrezionale” (il sodio contenuto negli alimenti, sia naturalmente sia perché aggiunto nelle trasformazioni artigianali o industriali). Ogni grammo di sale contiene circa 0.4 grammi di sodio.

In Italia, il sodio discrezionale rappresenta in media il 36% dell’assunzione totale di sodio; il sodio contenuto naturalmente negli alimenti e nelle bevande corrisponde a circa il 10% degli apporti totali, mentre il rimanente (54%) deriva dal sodio aggiunto nei prodotti trasformati, artigianali, industriali o della ristorazione collettiva.

Pane “salato”

Anche se il pane ed i prodotti da forno (biscotti, crackers, grissini ma anche merendine, cornetti e cereali da prima colazione) non vengono generalmente considerati come possibili apportatori di sale, in realtà il gruppo dei cereali e derivati rappresenta la principale fonte di sodio non discrezionale nella nostra alimentazione abituale.

Dall’analisi chimica della dieta italiana di riferimento, il contenuto complessivo di sodio nella dieta ricostruita senza aggiunta di sale discrezionale è risultato pari a 1.7 grammi di sodio.

Analizzando i gruppi di alimenti, è risultato che i cereali e derivati, fra cui il pane, rappresentano il 42% del sodio non discrezionale; carne/ uova/ pesce il 31%; latte e derivati il 21%, la frutta il 3% e gli ortaggi il 2%.

L’uso del pane sciapo (senza sale aggiunto), largamente diffuso in alcune regione italiane, può essere un ottimo mezzo per ridurre gli apporti di sodio.

Fonte LARN rev. 1996

Sale: perché e come ridurlo

Si sa da tempo che un eccesso di sale alimentare (o di sodio, che è il principale responsabile del sapore e delle proprietà biologiche del sale comune) può rappresentare un rischio per la salute, in primo luogo perché può favorire l’instaurarsi dell’ ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte.

D’altro canto, però, il sale dà sapore ai piatti e di questo devono tener conto gli esperti chiamati a redigere le raccomandazioni nutrizionali.

Secondo le nostre linee guida per una sana alimentazione italiana (www.inran.it) un buon compromesso fra la prevenzione dei rischi legati al sodio e il soddisfacimento del gusto può essere rappresentato da un consumo medio di sale al di sotto di 6 grammi al giorno (corrispondenti a circa 2400 mg di sodio).

Le linee guida americane (www.health.gov/ dietaryguidelines/dga2005/) propongono livelli leggermente inferiori (2300 mg di sodio) mentre altri organismi, come l’Instituteof Medicine, suggeriscono limiti ancora più ristretti.

Aldilà di questi diversi approcci, ciò che risulta chiaro è l’invito a ridurre l’uso del sale, dal momento che i nostri attuali consumi si aggirano mediamente intorno ai 10 grammi al giorno (pari a 4000 mg di sodio) e che sono molto più (quasi dieci volte) di quello fisiologicamente necessario in condizioni normali.

Controllo della pressione: un aiuto dal latte

Già da qualche tempo è stato evidenziato che alcuni frammenti peptidici (denominati casochinine) che vengono liberati durante la digestione enzimatica delle caseine giocano un ruolo fondamentale nella regolazione della pressione sanguigna.

Tali peptidi anti-ipertensivi agiscono come inibitori competitivi dell’enzima (ACE) che converte l’angiotensina I in angiotensina II, un potente ipertensivo. L’effetto anti-ipertensivo è stato confermato in pazienti che soffrivano di ipertensione nei quali si è dimostrata una riduzione della pressione sanguigna in seguito a somministrazione di latte acidificato o fermentato.

E’ stato dimostrato, sia in vivo che in vitro, che i peptidi presenti in tali latti, formatisi in seguito al trattamento tecnologico, vengono assorbiti come tali e attraverso l’aorta addominale raggiungono l’organo target.

Attività anti-ipertensiva è stata dimostrata anche per i peptidi derivati dall’idrolisi enzimatica della beta lattoglobulina e della alfa lattoalbumina. L’argomento “peptidi del latte e pressione sanguigna” è stato oggetto anche di un recente articolo pubblicato dal Journal of Nutrition che conclude dicendo: “la sfida futura è quella di identificare i componenti antiipertensivi del latte e i loro meccanismi di azione e quindi trovare maggiori possibilità per utilizzare questi costituenti e prodotti come trattamento dietetico dell’ipertensione”.

Fonti:

Libro bianco sul latte e i prodotti lattiero caseari

Componenti funzionali: biopeptidi Jauhiainen T, Korpela R. Milk peptides and blood pressure. J Nutr. 2007 Mar;137(3 Suppl 2):825S-9S

Autore: Carla Favaro