Attualmente si parla tanto di proteine, non solo per le loro numerose funzioni, fondamentali per l’organismo, ma anche perché alcuni recenti studi ne hanno evidenziata l’elevata capacità saziante. Una proprietà, questa, che potrebbe rappresentare un valido aiuto per il controllo del peso nell’ambito di regimi che, seppure iperproteici (cioè con un apporto di proteine superiore a 1g/kg di peso corporeo “desiderabile”), non siano comunque troppo squilibrati.

In altre parole, con regimi ben diversi da alcune diete “alla moda” che associano, all’eccesso proteico, la presenza di troppi grassi e pochi carboidrati. Fra gli studi più interessanti, ne ricordiamo due.

Nel primo, recentemente pubblicato da Obesity (1) e condotto da alcuni ricercatori della Purdue University, West Lafayette, Indiana (USA), 46 donne sovrappeso o obese sono state divise in due gruppi che hanno seguito, per 12 settimane, una dieta con lo stesso deficit calorico ma che, in un caso, prevedeva il 30% delle calorie sottoforma di proteine (dieta iperproteica) e, nell’altro, il 18% (dieta normoproteica). I grassi fornivano, in entrambe le diete, il 25% delle calorie totali.

Dopo 12 settimane si è osservato che la perdita di massa magra risultava minore nel gruppo della dieta iperproteica rispetto all’altro, con effetto più pronunciato nelle donne sovrappeso rispetto alle obese.

Ridurre la perdita di massa magra durante il dimagrimento rappresenta un obiettivo importante anche per il successivo mantenimento, poichè la massa magra “consuma” più di quella grassa.

In questa ricerca, la dieta iperproteica ha anche ottenuto una valutazione migliore dell’altra, sia per piacevolezza che per senso di sazietà. Il secondo studio è stato pubblicato dall’American Journal of Clinical Nutrition ed è stato condotto dalle Università di Washington e dell’Oregon (USA) su 19 adulti sani (2).

Questa ricerca ha evidenziato che, quando le proteine assunte con la dieta passavano dal 15 al 30% delle calorie totali, con riduzione dei grassi (dal 35 al 20% delle calorie) e apporto costante di carboidrati (50% delle calorie), si osservava una sostanziale diminuzione delle calorie assunte spontaneamente ed una significativa perdita di peso.

A questo punto, il quesito diventa: per combattere il sovrappeso e l’obesità che affliggono la nostra società può davvero essere utile aumentare gli apporti proteici puntando su latte magro o yogurt scremato, carni sgrassate, pesci magri e prevedendo comunque adeguate quantità di frutta, verdura e cereali integrali?

E’ una delle domande alle quali cercherà di dare una risposta il progetto di ricerca multicentrico DiOgenes (da Diet, Obesity, Genes – http://www.diogenes-eu.org/ ), che coinvolge 8 Paesi Europei, Iniziato nel 2005, durerà 5 anni.

Tale progetto ha, fra gli scopi, anche quello di confrontare gli effetti di diete ad alto e a basso contenuto proteico nel prevenire l’aumento di peso o nel mantenerlo, una volta perso. Ma cosa si può dire sulla sicurezza?

E’ un altro aspetto che verrà attentamente valutato. Sulle diete iperproteiche, infatti, restano ancora diversi punti interrogativi anche perché, dai dati di cui disponiamo, e come evidenzia anche un vasto studio epidemiologico appena pubblicato da Public Health Nutrition e condotto in Europa su più di 74.000 anziani (3), i regimi che maggiormente sono stati associati con la longevità e la salute in generale sono quelli in cui gli alimenti di origine animale (i più ricchi di proteine) sono presenti in quantità modesta, mentre prevalgono nettamente i cereali, soprattutto integrali, i legumi, gli ortaggi e la frutta, come appunto nel caso della dieta mediterranea. Allora, come inserire queste acquisizioni nel giusto contesto?

Prima di passare la parola al professor Carlo Cannella, per il “ commento autorevole”, ricordiamo comunque che garantire il livello di assunzione giornaliero raccomandato di proteine è fondamentale per la salute, perché, come dice la parola greca “protos” da cui deriva il termine, questo nutriente sta al primo posto per importanza. Ed il latte ed i suoi derivati rappresentano un’ottima fonte di proteine che, come quelle delle carni, dei pesci, delle uova, sono di elevato valore biologico.

Il “commento autorevole”

Carlo Cannella (Professore ordinario di Scienza dell’Alimentazione Università di Roma “La Sapienza”)

Per inquadrare l’argomento, è necessario richiamare, seppure in modo semplificato, alcuni importanti concetti biochimici.

Le proteine sono costituite da aminoacidi, formati da uno scheletro carbonioso con un gruppo carbossilico ed uno amminico sul carbonio terminale. La quantità di proteine necessaria per soddisfare i fabbisogni dell’adulto è pari ad 1 g/kg di peso corporeo “desiderabile.

Se si superano questi apporti, l’ organismo non ha la capacità di “conservare” le proteine in eccesso, i cui aminoacidi, una volta

assorbiti, vengono metabolizzati (deaminati) affinché lo scheletro carbonioso possa essere utilizzato a scopo energetico oppure trasformato in glucosio (gluco-neogenesi) o in acidi grassi. Questo comporta un “superlavoro” per il fegato che, oltre a metabolizzare il gruppo amminico in urea, deve convertire lo scheletro carbonioso in materiale accumulabile: glicogeno o tessuto adiposo.

Resta poi al rene il compito di allontanare l’urea con l’urina e di conseguenza con una perdita di acqua che accelera l’invecchiamento cellulare. C’è anche da ricordare che l’eccesso di aminoacidi, derivante da uno squilibrato apporto proteico rispetto a grassi e carboidrati, comporta la chelazione dei metalli, in particolare quelli bivalenti positivi: calcio, ferro, rame, zinco, etc. che in tal modo diventano meno bio-disponibili. Questo ci dice come non sia vantaggioso per l’organismo ricevere quantità eccessive di proteine.

Le evidenze scientifiche richiamate finora valgono anche quando l’obiettivo è il dimagrimento che si ottiene con una “dieta” che abbia un apporto proteico adeguato al rinnovo delle strutture (quindi non superiore alla norma) e che sia accompagnata da un ridotto consumo di grassi (per veicolare le vitamine liposolubili e gli acidi grassi essenziali) e da un apporto di carboidrati indispensabile per “consumare” il tessuto adiposo.

Quindi se si vuole dimagrire bisogna mangiare la giusta quantità di proteine (1 g/kg di peso corporeo desiderabile), pochi grassi (attenzione ai condimenti) ed una quantità di carboidrati per metabolizzare il grasso in eccesso (pertanto non conviene eliminare pane e pasta)!

Non troppe proteine ma di buona qualità, in quanto per poter svolgere bene il loro ruolo eminentemente plastico (mantenimento delle masse muscolari e delle strutture funzionali), devono contenere tutti gli aminoacidi, in particolare quelli che non possono essere ricavati dalle reazioni metaboliche e come tali vengono detti essenziali.

Gli alimenti che contengono proteine sono sia di origine vegetale (cereali e legumi) che animale (carne, pesce, uova e latte).

La prima fonte di nutrimento per la nostra crescita è il latte perché la qualità del suo contenuto proteico è tale da garantire l’apporto di tutti gli aminoacidi, essenziali e non, che si accompagna a quantità di carboidrati (lattosio) e di grassi tali da ottimizzarne l’utilizzazione metabolica.

L’insieme degli alimenti animali e vegetali, consumati nelle quantità suggerite dalle porzioni (4,5), concorrono all’acquisizione di corrette abitudini alimentari ove l’apporto proteico non deve superare 1 g/ kg di peso corporeo desiderabile. Ciò significa che per un adulto di sesso maschile l’apporto proteico raccomandato è di 70-80 g/die e per il sesso femminile di 50-60 g/die.

Consumare più proteine del fabbisogno per il mantenimento e/o accrescimento corporeo comporta un maggior lavoro metabolico per il fegato e per il rene ed un conseguente precoce invecchiamento.


Bibliografia

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/sites/entrez

1) Leidy HJ, Carnell NS, Mattes RD, Campbell WW Higher protein intake preserves lean mass and satiety with weight loss in pre-obese and obese women. Obesity 2007 Feb; 15 (2):421-9

2) Weigle DS, Breen PA, Matthys CC, Callahan HS, Meeuws KE, Burden VR, Purnell JQ A high-protein diet induces sustained reductions in appetite, ad libitum caloric intake, and body weight despite compensatory changes in diurnal plasma leptin and ghrelin concentrations. Am J Clin Nutr. 2005 Jul;82(1):41-8.

3) Bamia C, Trichopoulos D et. alii Dietary patterns and survival of older Europeans: the EPIC-Elderly Study (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition). Public Health Nutr. 2007 Jun;10(6):590-8.

4) Muli M.P., Sette S., Cialfa E., Cannella C. Modelli di standardizzazione delle porzioni alimentari in base ai LARN La Rivista di Scienza dell’Alimentazione 2006 35: 83-91

5) www.piramidealimentare.it

Autore: Carla Favaro