Per gestire l’intolleranza al nichel, via libera ai cibi a basso contenuto di nichel come latte, yogurt e non solo.

Una intolleranza alimentare al nichel, metallo molto diffuso negli alimenti vegetali (come cereali, legumi, ortaggi, frutta e semi oleosi), può portare a sintomi come gonfiore intestinale, dermatiti, digestione lenta, mal di testa e senso di stanchezza.

La dieta giusta in questi casi prevede di privilegiare gli alimenti freschi con un basso contenuto di nichel, come latte e yogurt, ed eliminare al contrario i cibi ricchi di questa sostanza.

Ma il nichel non è presente solo nel cibo: lo troviamo anche in molti utensili da cucina (come le pentole in acciaio inossidabile e le griglie in ferro) e nei materiali di confezionamento come i contenitori metallici.

Una esposizione così elevata a questo metallo può esporre al rischio di una “intossicazione”. Secondo le stime ufficiali, il 20% della popolazione europea soffre di allergia al nichel da contatto e, in un caso su quattro, presenta reazioni allergiche anche quando ingerisce il nichel contenuto negli alimenti.

Il nome scientifico di questa condizione è sindrome sistemica da allergia al nichel (SNAS), può comparire ad ogni età e spesso viene scambiata per intolleranza al glutine, perché i sintomi sono molto simili.

Per evitare il rischio di sovraesposizione a questo metallo il metodo più efficace è quello di ridurre gli alimenti ricchi di nichel e preferire invece quelli che ne sono poveri. Uno studio condotto dall’Università Federale di Rio de Janeiro e presentato alla Conferenza scientifica internazionale della World Allergy Organization ha dimostrato che eliminando gli alimenti ad alto contenuto di nichel per 60 giorni si osserva una riduzione dei sintomi. Sintomi che, però, ricompaiono non appena si torna a consumare questi cibi.

Latte e nichel: gli alimenti a basso contenuto di nichel

Ciò che occorre sapere è che non solo non è possibile eliminare completamente il nichel, vista la sua ampissima presenza e diffusione, ma che sarebbe anche controproducente, perché questo metallo è co-fattore per diversi enzimi e partecipa al metabolismo di alcuni ormoni. E’ però possibile (e utile) ridurre i consumi degli alimenti con il più alto contenuto di nichel, come cacao, tè, nocciole, legumi, grassi vegetali idrogenati (presenti nelle brioches, nelle patatine e nei sostituivi del pane), liquirizia, alcuni prodotti ittici (come ostriche e aringhe) e alcuni vegetali (come cipolle, uva, patate, spinaci, lattuga e cavoli).

Via libera invece gli alimenti a basso contenuto di nichel, come latte e yogurt, pesci di acqua dolce (per esempio la trota) e di mare (come spigole e cernie), carne rossa o di pollame, uova di gallina, alcuni cereali (sì a riso, grano raffinato e mais raffinato) e alcuni ortaggi (ottimi carote, cetrioli, broccoli, pomodori freschi e avocado).

Infine, attenzione agli utensili da cucina: quelli “nichel tested” sono sicuri e ottimali per cucinare senza entrare a contatto con questo metallo mentre i contenitori in vetro e plastica sono perfetti per conservare gli alimenti.