I formaggi, che dal punto di vista nutrizionale potremmo definire come una sorta di concentrato del latte, vantano origini antichissime. I documenti sulle prime dinastie dei re egiziani e sumeri dicono che la fabbricazione del formaggio era già conosciuta 5000 anni fa (1). Plinio, Omero e Aristotele testimoniano che questo alimento era comunemente gustato presso i Romani e i Greci (1).

E nell’antica Grecia, il formaggio fresco, insieme a pane e fichi, rappresentava la base della dieta degli atleti in preparazione alle Olimpiadi. Comunque non occorre certo tornare tanto indietro per avere la conferma del grandissimo valore del formaggio: basta infatti controllarne la composizione nutrizionale, a cominciare dal suo contenuto di proteine di elevato valore biologico, di cui il formaggio è fra gli alimenti più ricchi. Il grana per esempio ne apporta quasi 34 grammi per etto, la scamorza 25 g/etto e la fontina 24,5 g/etto, vale a dire più di quante ne fornisca il filetto bovino (20,5 grammi per etto).

Ed anche se è evidente che il tutto va poi rapportato alle reali porzioni di consumo, il formaggio resta comunque una eccellente fonte proteica, alla quale si accompagna la ricchezza in calcio di elevata biodisponibilità e di altri minerali, quali fosforo, magnesio, zinco, e vitamine come la A, la riboflavina e la B12.

Detto questo, non si può certo trascurare che i formaggi forniscono anche grassi, notoriamente costituiti in buona parte da acidi grassi “saturi”, e un apporto calorico senza dubbio significativo. Tuttavia, scorrendo la letteratura di questi ultimi anni, le sorprese non mancano.

Vediamo nei prossimi articoli alcuni esempi.

Bibliografia
1. Renzo Pellati “La storia di ciò che mangiamo” Daniela Piazza Editore Ediz. 2010

Autore: Carla Favaro

Comitato scientifico