Per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, le calorie provenienti da grassi saturi non dovrebbero superare il 10% dell’intake calorico quotidiano.

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Tale raccomandazione — finalizzata a ridurre le malattie cardiovascolari che, ogni anno, causano circa 30 milioni di decessi — è contenuta nelle ultime linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La questione dei grassi saturi e del loro impatto sulla salute ha una storia piuttosto lunga che sembra destinata ad essere riaperta e riscritta, a fronte di nuove evidenze scientifiche più critiche e puntuali.

Le perplessità dell’ultimo decennio

Dal punto di vista mediatico, la questione dei grassi saturi tornò alla ribalta qualche anno fa, quando il Time propose una copertina dal forte impatto sul pubblico: su sfondo nero campeggiava un enorme ricciolo di burro e la scritta suonava rivoluzionaria “Mangiate il burro. Gli scienziati hanno etichettato i grassi come nemici. Ecco perché si sbagliano”.

L’articolo interno prendeva le distanze dalla campagna informativa “diffamatoria” perpetrata a scapito dei grassi saturi negli ultimi 30 anni. L’occasione fu uno studio dell’Università di Cambridge che aveva esaminato 80 ricerche effettuate su oltre 500 mila persone, facendo emergere un dato in controcorrente: i grassi saturi, da soli, non aumentano il rischio di malattie cardiovascolari. Non a caso, laddove i grassi sono stati ridotti, com’è avvenuto negli Stati Uniti con l’avvento massiccio dei cibi low fat, sia l’obesità sia la mortalità per infarto sono aumentate.

Quell’articolo che, a prima vista, suonava come una semplice provocazione, ha invece aperto le porte agli studi sulle differenze sostanziali tra le diverse fonti di grassi e gli effetti sulla salute cardiovascolare e metabolica. Il nuovo approccio, in linea con i dati epidemiologici osservazionali più recenti, si basa non più (o meglio, non solo) sulla valutazione dei grassi come semplici macronutrienti ma come componenti di alimenti/matrici complesse in grado di svolgere effetti “funzionali” specifici e individuali per il benessere e la salute cardiovascolare e metabolica.

Grassi saturi: dibattito nuovamente aperto

Questa posizione è ben descritta da un’interessante review appena pubblicata (1) sul Journal of the American College of Cardiology che, tra gli autori, annovera Salim Yusuf della McMaster University cui si devono alcuni tra i contributi più significativi degli ultimi decenni in tema di nutrizione, come lo studio PURE (2) che ha coinvolto popolazioni rurali e urbane di 18 Paesi da 5 continenti a consumi più elevati di grassi (saturi, monoinsaturi e polinsaturi) dimostrando l’assenza di correlazione con il rischio cardiovascolare e metabolico.

La prima firma è invece di Arne Astrup del Dipartimento di Nutrizione, Attività fisica e Sport dell’Università di Copenhagen che già aveva pubblicato un interessante lavoro sul BMJ (3) in cui metteva in discussione la raccomandazione dell’OMS di ridurre i grassi saturi per frenare le malattie croniche.

Le linee guida dell’OMS, si ricorda, suggeriscono di ridurre l’assunzione di acidi grassi saturi (presenti in alimenti come formaggio, latte intero e burro) e di sostituirli con acidi grassi polinsaturi e monoinsaturi (presenti nel pesce azzurro, oli, noci e semi). Esaminando i dati relativi all’assunzione di grassi saturi e rischio cardiovascolare, i ricercatori danesi hanno messo in evidenza come l’OMS non abbia preso in considerazione le molteplici evidenze sul potenziale ruolo benefico dei grassi saturi, né tantomeno delle variabili tra gli acidi grassi specifici e la matrice alimentare in cui sono contenuti.

Le attuali raccomandazioni – ammoniscono gli esperti che lavorano in team con il professor Astrup – potrebbero ridurre l’assunzione di alimenti importanti per prevenire le malattie e migliorare la salute”. In quest’ottica, i latticini possono costituire l’esempio più lampante, a fronte del contenuto di calcio altamente biodisponibile.

 

RACCOMANDAZIONI VECCHIE ED EVIDENZE NUOVE

La questione dei grassi saturi e dei loro effetti sulla salute non è affatto nuova, anzi. Il primo studio pubblicato in merito, effettuato sui conigli, risale al 1913. Mostrava come alte dosi di colesterolo facessero aumentare le LDL plasmatiche, causando aterosclerosi. Venne però messo presto in discussione: i conigli sono animali erbivori e una dieta ricca di grassi e colesterolo, non essendo fisiologica per la specie, conduce a risultati falsati. Per avere dati concreti sull’uomo bisogna arrivare al 1948, anno in cui è iniziato il Framinghan Heart Study che ha monitorato migliaia di persone per diversi anni, osservando un’associazione diretta tra elevati livelli di colesterolo e malattia cardiovascolare.

Fu così che, qualche anno dopo, l’American Heart Association cominciò a promuovere l’utilizzo di olio di mais, margarina e carni bianche piuttosto che burro, carne e uova. La svolta determinante arrivò però dagli studi “Six Countries” e “Seven Countries” dello statunitense Ancel Keys che dimostrò una correlazione diretta tra una dieta ricca di grassi saturi e malattie cardiovascolari, dando il via allo stile alimentare mediterraneo.

Nel 1992 il Dipartimento dell’Agricoltura Americano (USDA) pubblicò la prima piramide alimentare: alla base erano posti i cereali e tuberi (6-11 porzioni al giorno), al secondo livello erano indicati frutta e verdura da assumere in elevate quantità, sopra ancora gli alimenti plastici (carne, pesce, uova, formaggi) da consumare con moderazione e, all’apice, i grassi da condimento e gli zuccheri semplici da introdurre in piccole quantità. Tali raccomandazioni non diedero i risultati sperati sulla popolazione americana, rendendo necessaria, anni dopo, una nuova piramide con equilibri diversi.

La Piramide Alimentare Italiana è stata elaborata nel 2005 dai nutrizionisti dell’Università La Sapienza, con l’intento di progettare un modello alimentare specifico per il nostro Paese, corretto sotto il profilo nutrizionale e rispettoso della tradizione alimentare mediterranea, ma anche in questo caso le evidenze scientifiche hanno aperto via via scenari diversi.

Autore: SAMANTHA BIALE, nutrizionista e giornalista

 

Bibliografia

1) Arne Astrup, Faidon Magkos et Al – Saturated Fats and Health: A Reassessment and Proposal for Food-Based Recommendations – JACC State-of-the-Art Review – Journal of the American College of Cardiology – Volume 76, Issue 7, August 2020

2) Prof Salim Yusuf, DPhil et Al. Modifiable risk factors, cardiovascular disease, and mortality in 155 722 individuals from 21 high-income, middle-income, and low-income countries (PURE): a prospective cohort study –  The Lancet Volume 395, ISSUE 10226, P795-808, March 07, 2020

3) Arne Astrup, Hanne CS Bertram et Al. –  WHO draft guidelines on dietary saturated and trans fatty acids: time for a new approach?BMJ 03 July 2019

4) De Souza RJ, Mente A, Maroleanu A, Cozma AI, et al. Intake of saturated and trans unsaturated fatty acids and risk of all cause mortality, cardiovascular disease, and type 2 diabetes: systematic review and meta-analysis of observational studies. BMJ. 2015;351:h3978

5) Thorning TK et al. Whole dairy matrix or single nutrients in assessment of health effects: current evidence and knowledge gaps. Am J Clin Nutr 2017: 105:1–13.

Mozaffarian D – Dairy Foods, Obesity, and Metabolic Health: The Role of the Food Matrix Compared with Single Nutrients – Adv Nutr. 2019 Sep 1;10(5):917S-923S. doi: 10.1093/advances/nmz053. PMID: 31518410

Drouin-Chartier JP, Brassard D, Tessier-Grenier M, Côté JA, Labonté MÈ, Desroches S, Couture P, Lamarche B  – Systematic Review of the Association between Dairy Product Consumption and Risk of Cardiovascular-Related Clinical Outcomes –  Adv Nutr. 2016 Nov 15;7(6):1026-1040. doi: 10.3945/an.115.011403. Print 2016 Nov. PMID: 28140321

Astrup A, Geiker NRW, Magkos F. – Effects of Full-Fat and Fermented Dairy Products on Cardiometabolic Disease: Food Is More Than the Sum of Its Parts – Adv Nutr. 2019 Sep 1;10(5):924S-930S. doi: 10.1093/advances/nmz069. PMID: 31518411

Salas-Salvadó J, Babio N, Juárez-Iglesias M, Picó C, Ros E, Moreno Aznar LA – The importance of dairy products for cardiovascular health: whole or low fat? – Nutr Hosp. 2018 Dec 3;35(6):1479-1490. doi: 10.20960/nh.2353. PMID: 30525863:

6) Di Stefano, M.; Veneto, G.; Malservisi, S.; Cecchetti, L.; Minguzzi, L.; Strocchi, A.; Corazza, G.R – Lactose malabsorption and intolerance and peak bone mass – Gastroenterology Volume: 122, Issue: 7, June, 2002, pp. 1793-1799

Janner, M.; Mullis, P. E. Osteonpenia and pathological fractures in an adolescent with lactose intolerance and high oxalate intake Monatsschrift Kinderheilkunde Volume: 153, Issue: 4, April, 2005, pp. 360-363

Lovelace HY, Barr SI. Diagnosis, symptoms, and calcium intakes of individuals with self-reported lactose intolerance. J Am Coll Nutr. 2005 Feb;24(1):51-7.

Obermayer-Pietsch BM, Bonelli CM, Walter DE, Kuhn RJ, Fahrleitner-Pammer et Al. – Genetic predisposition for adult lactose intolerance and relation to diet, bone density, and bone fractures. J Bone Miner Res. 2004 Jan;19(1):42-7.

7) Lirije Hyseni et Al. – Systematic review of dietary trans-fat reduction interventions – Bull World Health Organ – 2017 Dec 1; 95(12): 821–830G – doi: 10.2471/BLT.16.189795

8) McGrane, et al Dairy Consumption, Blood Pressure, and Risk of Hypertension: An Evidence Based Review of Recent Literature Curr Cardiovasc Risk Rep. 2011 August 1; 5(4): 287–298.

9) Thorning TK et al. Whole dairy matrix or single nutrients in assessment of health effects: current evidence and knowledge gaps. Am J Clin Nutr 2017: 105:1–13.

10) Ronald P Mensink, Peter L Zock, Arnold DM Kester, Martijn B Katan – Effects of dietary fatty acids and carbohydrates on the ratio of serum total to HDL cholesterol and on serum lipids and apolipoproteins: a meta-analysis of 60 controlled trials – The American Journal of Clinical Nutrition, Volume 77, Issue 5, May 2003, Pages 1146–1155, https://doi.org/10.1093/ajcn/77.5.1146

11) Karen P. Scott et Al. – The influence of diet on the gut microbiota – Pharmacological Research – Volume 69, Issue 1 – March 2013

12) De Oliveira Otto MC, Mozaffarian D, Kromhout D, Bertoni AG, Sibley CT, Jacobs DR Jr, Nettleton JA. Dietary intake of saturated fat by food source and incident cardiovascular disease: the MultiEthnic Study of Atherosclerosis. Am J Clin Nutr. 2012 Aug; 96(2):397-404.

Praagman J, Beulens JW, Alssema M, Zock PL, Wanders AJ, Sluijs I, van der Schouw YT. The association between dietary saturated fatty acids and ischemic heart disease depends on the type and source of fatty acid in the European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition-Netherlands cohort. Am J Clin Nutr. 2016 Feb;103(2):356-65.

Drehmer M, Pereira MA, Schmidt MI, Alvim S, Lotufo PA, Luft VC, Duncan BB – Total and Full-Fat, but Not Low-Fat, Dairy Product Intakes are Inversely Associated with Metabolic Syndrome in Adults J. Nutr. 2016 146: 1 8189; first published online October 28, 2015.

13) Irvin MR, Zhi D, Aslibekyan S, Claas SA, Absher DM, Ordovas JM, Tiwari HK, Watkins S, Arnett DK – Genomics of post-prandial lipidomic phenotypes in the Genetics of Lipid lowering Drugs and Diet Network (GOLDN) study – PLoS One. 2014; 9(6):e99509.

Aslibekyan S, Kabagambe EK, Irvin MR, Straka RJ, Borecki IB, Tiwari HK, Tsai MY, Hopkins PN, Shen J, Lai CQ, Ordovas JM, Arnett DK – A genome-wide association study of inflammatory biomarker changes in response to fenofibrate treatment in the Genetics of Lipid Lowering Drug and Diet Network – Pharmacogenet Genomics. 2012 Mar; 22(3):191-7.

Irvin MR, Zhang Q, Kabagambe EK, Perry RT, Straka RJ, Tiwari HK, Borecki IB, Shimmin LC, Stuart C, Zhong Y, Hixson JE, Arnett DK Rare PPARA variants and extreme response to fenofibrate in the Genetics of Lipid-Lowering Drugs and Diet Network Study. Pharmacogenet Genomics. 2012 May; 22(5):367-72.

 

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