Di recente, l’ American Journal of Clinical Nutrition, la più prestigiosa rivista di nutrizione clinica nel mondo, ha dedicato una serie di articoli ai carboidrati raffinati e agli acidi grassi saturi al fine di valutare i rapporti di entrambi con la malattia cardiovascolare.

Il punto saliente riguarda un interrogativo di grande importanza: la riduzione degli acidi grassi saturi, proposta come uno degli obiettivi principali delle linee guida nutrizionali, è davvero così vantaggiosa se, come spesso avviene, si accompagna ad un aumento compensato-rio dei carboidrati raffinati?

Del resto, basta pensare alla famosa piramide americana del 1992(1), quella che riportava alla base gli alimenti ricchi di carboidrati e, in cima, i grassi, per capire come sia stato facile per il consumatore tradurre le indicazioni in: meno grassi uguale più carboidrati, compresi quelli raffinati come il pane, il riso, la pizza e molti cereali da prima colazione.

Ebbene, come sottolinea in un interessante editoriale Frank Hu, della Harvard School of Public Health di Boston(2), è possibile che il sostanziale declino, osservato negli USA, della percentuale dell‟energia fornita dai grassi totali e dagli acidi grassi saturi ed il compensatorio aumento dei carboidrati raffinati e degli zuccheri semplici stia contribuendo alla corrente epidemia di obesità e diabete.

Tanto che “l’ epidemia dell’obesità e l’aumentato apporto di carboidrati raffinati hanno creato una tempesta perfetta‟ per lo sviluppo di disordini cardiometabolici”.

Insomma, è auspicabile che, alla luce dell‟attuale modificato scenario, il paradigma dieta-cuore venga riesaminato. E a conferma, vengono riportati i risultati di alcuni recenti studi.

In uno di questi, firmato dallo stesso Hu in collaborazione con altri ricercatori non meno autorevoli, è stata condotta una meta-analisi di 21 studi di coorte (n. 347.747 soggetti) da cui non è emersa un‟associazione significa-tiva tra apporto di grassi saturi e rischio di malattie cardiovascolari(3). Nel secondo studio, in cui si sono analizzati i dati di 11 ricerche condotte in Europa e negli USA, si è osservato che la sostituzione degli acidi grassi saturi con i carboidrati si accompagnava ad un rischio di ischemia cardiaca addirittura leggermente aumentato(4).

Ma allora il rimedio si sta rivelando peggiore del male? Probabilmente sì se, come conclude l‟editoriale di Hu, “mentre il consumo di acidi grassi saturi dovrebbe rimanere ad un livello relativamente basso e gli acidi grassi parzialmente idrogenati* dovrebbero essere eliminati, puntare solo l‟attenzione sulla riduzione dei grassi totali o degli acidi grassi saturi potrebbe essere controproducente perché i grassi vengono tipicamente sostituiti dai carboidrati raffinati, come si è visto nelle ultime decadi.

In questa era di diffusa obesità e insulino resistenza, è giunto il momento di spostare il focus della dieta “salvacuore” dalla restrizione degli acidi grassi saturi verso un ridotto consumo di carboidrati raffinati”.

* gli acidi grassi idrogenati si ottengono dalla parziale idrogenazione degli oli – fatta allo scopo di solidificarli – che porta alla formazione di acidi grassi trans i quali , oltre ad aumentare il colesterolo LDL, tendo-no anche a ridurre il colesterolo HDL. n. 27

Bibliografia

1. USDA’s Food Guide Pyramid Booklet, 1992

2. Hu FB Are refined carbohydrates worse than saturated fat? Am J Clin Nutr. 2010 Jun;

3. Siri-Tarino PW, Sun Q, Hu FB, Krauss RM Metaanalysis of prospective cohort studies evaluating the association of saturated fat with cardiovascular disease. Am J Clin Nutr. 2010 Mar;91(3):535-46.

4. Jakobsen MU et al. Major types of dietary fat and risk of coronary heart disease: a pooled analysis of 11 cohort studies. Am J Clin Nutr. 2009 May; 89 (5):1425-32.

5. Mozaffarian D. et al. Dietary fats, carbohydrate, and progression of coronary atherosclerosis in postmenopausal women. Am J Clin Nutr 2004;80:1175– 84

Autore: Carla Favaro

Comitato scientifico