Il lattosio è diventato un ‘sorvegliato speciale’ nelle diete di molte persone che stanno cambiando radicalmente le proprie abitudini alimentari. A volte, senza motivo. Ecco come porsi di fronte alla questione lattosio, senza fare scelte o sacrifici inutili.

Scarica il numero di Ottobre 2016 de L’Attendibile

Un cappuccino fumante, una succulenta fetta di pizza margherita e una semplice insalata caprese. Sono tre must della tavola made in Italy. Quale italiano potrebbe mai rinunciarvi? Gusti a parte, c’è sicuramente una parte che deve farlo, o quanto meno limitarsi. Sono i “veri” intolleranti al lattosio, quelli che hanno ricevuto una diagnosi certa e una dieta specifica da parte del medico o del nutrizionista. Poi ci sono tutti gli altri, una tribù in costante aumento che si autoconvince di essere intollerante al lattosio perché si riconosce nelle descrizioni fatte su internet o segue le teorie di personaggi “pseudo scientifici”, e cambia – da un giorno all’altro – il modo di alimentarsi. L’intolleranza al lattosio, purtroppo, sta diventando quasi una moda. Inutile e, a volte, persino dannosa che merita un’attenzione particolare.

IL DEFICIT DI LATTOSIO COINVOLGE MOLTE PERSONE, MA…

Il lattosio arriva sulla nostra tavola quando beviamo il latte vaccino, di capra o pecora e quando consumiamo formaggi freschi, panna, burro e gelato. È inoltre presente come ingrediente in alcuni insaccati (il prosciutto cotto, per esempio) e come eccipiente in molti farmaci/integratori, anche se in quantità spesso ininfluenti per la maggior parte delle persone con deficit di lattasi.

Ma incominciamo dalle evidenze numeriche: negli Stati Uniti è intollerante al lattosio quasi una persona su 4, mentre i Nord-Europei, con circa il 5%, hanno la prevalenza più bassa. Nell’Europa centrale si arriva al 30% e nell’Europa del sud sfiora il 70%, come anche in America Latina. In Italia, il deficit di lattasi (o “non persistenza”, per essere più precisi) è presente nel 40% circa della popolazione, con un andamento crescente da Nord verso Sud.

Il motivo primario della perdita dell’enzima lattasi è genetico (il duodeno perde nel corso della vita la capacità di produrre l’enzima che scinde il lattosio nei due zuccheri semplici) ma ci sono forme secondarie causate da danni acuti (virus) o cronici della mucosa intestinale (celiachia, morbo di Crohn). A volte, ci sono persino deficit transitori causati dall’alterazione dei batteri intestinali dovuti a una dieta scorretta o una lunga terapia antibiotica.

…NON SEMPRE È SINTOMO DI INTOLLERANZA

Se ci limitassimo a leggere i dati sull’incidenza, arriveremmo alla conclusione che 4 italiani su 10 sono – di fatto – obbligati a cambiare la propria dieta, rinunciando per sempre agli alimenti contenenti lattosio tra cui la maggior parte dei latticini, punto cardine delle nostre tradizioni alimentari. Ma nella pratica, per fortuna, non è così. L’intolleranza al lattosio, infatti, può essere definita scientificamente come una mancanza “relativa” di questo enzima che, solo raramente, è assoluta. La forma di intolleranza più comune è, infatti, borderline: nonostante il declino genetico progressivo dell’attività enzimatica, solo nel 50 per cento dei casi si evidenziano i sintomi tipici (gonfiore, dolore addominale e diarrea). L’intensità di questi sintomi varia poi da persona a persona perché entrano in gioco molteplici fattori come la quantità giornaliera di lattosio ingerita, la forma in cui è assunto (se in un liquido o in alimenti solidi), il cibo a cui viene associato all’interno del pasto, la velocità del transito intestinale e la sensibilità viscerale individuale.

Per questi motivi, la situazione deve sempre essere monitorata individualmente: la maggior parte degli intolleranti riesce ad assumerne un certo quantitativo, senza presentare disagi. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare, dopo un’attenta analisi della letteratura scientifica a riguardo, ha osservato che questo limite è di circa 12 grammi in un’unica assunzione, pari a un bicchiere di latte. Con un apporto doppio, invece, i sintomi si manifestano appieno, con differenze riscontrabili se distribuito nei pasti della giornata e consumato insieme ad altri nutrienti. Ovviamente, questa quantità è variabile da persona a persona e può subire modificazioni negli anni.

 

1 Una dieta “lactose free” senza rinunciare ai latticini? Si può!

 

2 Si fa (troppo) presto a dire intolleranza…

 

Non esiste una cura per l’intolleranza, ma…

 

“Senza lattosio” non significa necessariamente “senza latte”

 

Autore:

SAMANTHA BIALE, nutrizionista-diet coach e giornalista

 

Scarica il numero di Ottobre 2016 de L’Attendibile:

Latticini e benessere
Una dieta “lactose free” senza rinunciare ai latticini? Si può!

Il lattosio è diventato un ‘sorvegliato speciale’ nelle diete di molte persone che stanno cambiando radicalmente le proprie abitudini alimentari. A volte, senza motivo. Ecco come porsi di fronte alla questione lattosio, senza fare scelte o sacrifici inutili.