Dalla letteratura giungono sempre più numerose le conferme dell’importante ruolo per la salute svolto dal modello alimentare mediterraneo (1,2,3,4). Un modello, quindi, che ha tutte le carte in regola per essere proposto come riferimento a coloro che, fra i buoni propositi dell’anno nuovo, intendono anche migliorare le proprie abitudini a tavola.

Prima di parlare di queste, tuttavia, vale la pena soffermarsi su alcuni aspetti dello stile di vita mediterraneo che hanno subito profondi cambiamenti rispetto al passato e che, come sottolinea un interessante articolo pubblicato da Public Health Nutrition (5), potrebbero avere ripercussioni sulla salute non me-no importanti della “dieta”.

Uno dei cambiamenti maggiori riguarda l’abitudine di consumare pasti e spuntini fuori casa. Sebbene gli snack possano influire positivamente sulla qualità della dieta quando la scelta ricade su prodotti salutari come la frutta e lo yogurt, tuttavia, contrariamente a quanto avveniva in passato, ora siamo continuamente esposti, in qualsiasi ambiente, alla presenza di cibo sempre pronto, palatabile, poco costoso: tutto questo può favorire in alcuni individui il sovraconsumo.

A correre i rischi maggiori sono i bambini che sono molto più sensibili all’attrazione dei fuoripasto, soprattutto quelli più ricchi di zuccheri e grassi e ben poco mediterranei, di quanto non siano gli adulti che ancora be-neficiano delle abitudini apprese da piccoli di pasti consumati a tempi fissi. A questo vanno poi aggiunte le scelte diverse spesso proposte ai bambini: nell’articolo si ricorda a titolo di esempio come anche nei ristoranti dei paesi mediterranei, mentre agli adulti vengo-no proposti gli alimenti della tradizione, i menu per bambini contemplino spesso bibite zuccherate, patatine e gelati.

Un altro significativo cambiamento riguarda le lunghe ore trascorse davanti alla televisione che incombe spesso anche durante i pasti. Questi fattori potrebbero contribuire a spiegare perché, secondo quanto emerso da recenti dati epidemiologici, gli adulti dei paesi mediterranei sono tuttora meno soggetti al sovrappeso e all’obesità rispetto ad altri paesi europei, mentre accade il contrario per i bambini che sembrano quindi aver perso quei fattori protettivi di cui si sono giovati i genitori.

È quindi evidente che per “convertirsi” al modello mediterraneo non basta preferire certi cibi, ma è importante considerare lo stile di vita nella sua totalità.

UNA NUOVA PIRAMIDE COME GUIDA

Che l’attenzione vada posta non solo alla “dieta”, ma allo stile di vita, è quanto emerge anche dalla “Piramide alimentare della dieta mediterranea moderna” che, grazie al contributo di un gruppo qualificato di ricercatori, è stata presentata nel 2009 a Parma in occasione della III Conferenza Internazionale del CIISCAM (Centro Interuniversita-rio Internazionale di Studi sulle Culture Alimentari Mediterranee – www.ciiscam.org).

Questa piramide, formulata tenendo presente l’evoluzione degli stili di vita nei Paesi mediterranei, conciliabili con il patrimonio culturale immateriale che l’UNESCO ha recentemente riconosciuto alla tradizione alimentare mediterranea, è stata pensata come una utile guida per la popolazione adulta da 18 a 65 anni.

Essa sottolinea l’importanza dell’attività fisica, delle tradizioni gastronomiche e degli stili di vita, richiama i valori della convivialità e frugalità durante il consumo dei pasti, consiglia di privilegiare i prodotti ortofrutticoli locali, su base stagionale, per il mantenimento della biodiversità e per rispetto del territorio (cioè delle colture agricole dei Paesi mediterranei).

Per quanto invece riguarda più strettamente la scelta degli alimenti,in modo nuovo rispetto ad altre proposte, questa piramide indica, alla base, come comporre i pasti principali della giornata, mentre ai livelli superiori dà informazioni sugli altri alimenti necessari a completare i pasti, secondo frequenze di consumo giornaliere o settimanali. Ed è interessante osservare che il latte ed i suoi derivati, preferibilmente nelle versioni a basso contenuto di grassi, vengono posti, primi fra gli alimenti di origine animale, al primo livello sopra i cereali, la verdura e la frutta.

In altre parole, tali alimenti rappresentano una parte integrante di questo modello, come del resto confermano le abitudini dei popoli mediterranei, in particolare quelli dell’Italia meridionale e di alcune isole della Grecia, sempre indicate come riferimento.

Per aiutarci a capire meglio il significato di questa piramide e come utilizzarla, abbiamo posto alcune domande al professor Carlo Cannella, ordinario di scienza dell’alimentazione, Università di Roma “La Sapienza”, direttore del CIISCAM e co-autore della nuova piramide della dieta Mediterranea moderna.

Professor Cannella, davvero la dieta mediterranea può tuttora rappresentare il modello da seguire, nonostante lo stile di vita sia tanto diverso rispetto a quelli dei popoli mediterranei degli anni 50 – 60, presi come riferimento?

I dati disponibili sui consumi alimentari nei Paesi mediterranei indicano che lo scostamento dalle tradizionali abitudini alimentari è inferiore a quello dello stile di vita che in effetti è diventato molto più stressante e sedentario. Per quanto riguarda l’Italia c’è da notare un forte incremento nei consumi di carni che andrebbe mitigato con il consumo bisettimanale di legumi (fagioli, ceci, lenticchie, etc.) e di pesce (specie quello azzurro); risultano anche non soddisfacenti con la tradizione i consumi di frutta e di ortaggi freschi, specie nei giovani. Si fa affidamento alle campagne di educazione alimentare e alle nuove tecnologie che consentono di disporre di questi alimenti, soprattutto per quelli di origine vegetale di cui si auspica una ripresa dei consumi, in confezioni pronte per l’uso.

Perché si è sentita la necessità di ideare questa nuova piramide e per quale motivo vengono indicate solo le frequenze di consumo dei vari alimenti e non le porzioni?

Come direttore del CIISCAM ho trovato ampio interesse e consenso nei Colleghi dei Paesi del mediterraneo, che si occupano di nutrizione umana, nell’evidenziare le comuni tradizioni alimentari e nel mettere in atto interventi al fine di preservare tale patrimonio, riconosciuto da tutti come salutistico, nei confronti di una evoluzione dei consumi che troppo spesso è spinta da interessi economici piuttosto che culturali. Riguardo alle porzioni, è stato suggerito di comune accordo il loro numero, mentre si è lasciata la decisione sulle quantità ai singoli Paesi mediterranei, in modo da poter tener conto anche dei consumi rilevati dagli osservatori in essi operanti.

In questa piramide, per i prodotti lattiero caseari si consiglia, a differenza di tutti gli altri alimenti di origine animale, un consumo giornaliero in quantità pari a 2-3 porzioni. Che ruolo hanno, quindi, i prodotti lattiero caseari nel modello alimentare mediterraneo? E quali sono le porzioni di riferimento nel nostro Paese?

Il latte e soprattutto il formaggio, che consente di conservare il ricco nutrimento del latte in forma ancora più digeribile, sono alimenti importanti se non basilari della nostra tradizione alimentare. Basti pensare alla colazione all’italiana del mattino ove il latte e/o lo yogurt si completano nutrizionalmente con i cereali dei prodotti da forno (pane, biscotti, etc.) e al piatto di pasta (o di riso) la cui componente proteica, notoriamente povera, non come quantità ma come qualità, migliora grazie al contributo del formaggio e del sugo fino a diventare un “piatto unico” ed equilibrato. Ricordiamoci del latte, anche nelle sue “versioni” a ridotto contenuto in grassi, nei momenti di pausa, di svago e di ristoro, tenendo presente che bere latte nutre e disseta con un apporto calorico che è certamente non superiore a quello di altre bevande suggerite dalle sollecitazioni dei media.

Nel nostro Paese la porzione di riferimento è 125 ml pari ad un bicchiere di latte e/o al contenuto di un vasetto di yogurt e si consigliadi consumarne 2 porzioni al giorno (secondo i gusti: 2 di latte o 1 di latte ed 1 di yogurt). Per il formaggio la porzione di riferimento è di 50 g per quello stagionato e 100 g per i latticini (es.: formaggio fresco) e si consiglia di consumare al massimo 4 porzioni di formaggio a settimana.

Tornando al nostro stile di vita, spesso così stressante, il latte ci può essere d’aiuto?

Certamente perché il latte, pastorizzato ed omogeneizzato di cui disponiamo, si può considerare una bevanda “poli-funzionale”. Cerchiamo di capire il perché: la funzione primaria di un alimento è la gratificazione sensoriale ed il latte, specie se fresco intero e di alta qualità, ha tutte le caratteristiche di una bevanda che estingue la sete (87% di acqua), soddisfa il gusto con il suo caratteristico sapore pieno e nutre con un apporto calorico variabile tra 80 -57-45 kcal/porzione a seconda se intero, parzialmente scremato o scremato. Oltre al nutrimento di cui ormai la ricerca ha largamente dimostrato l’importanza c’è anche da considerare che il latte se fermentato da microrganismi (probiotici o meno) viene trasformato in un alimento “funzionale” nel senso più attuale che ha acquisito questa parola nel mondo alimentare.

Un alimento è “funzionale” se oltre a nutrire è capace di avere effetti protettivi sul nostro organismo. Lo yogurt e i latti fermentati sono stati i primialimenti a superare l’esame della funzionalità da parte della ricerca, cioè di aver acquisito anche proprietà protettive per il nostro organismo utili nella prevenzione delle patologie metaboliche e intestinali sia per azione dei microrganismi probiotici che dei prodotti della fermentazione del lattosio e delle proteine.

La ricerca ha anche dimostrato che, se la sera prima di andare a letto beviamo un bicchiere di latte (non freddo), dormiamo meglio per effetto dei peptidi che si formano durante la digestione delle proteine.

La “poli-funzionalità” del latte è sicuramente un ottimo motivo per ricordarci di consumarne 2 porzioni al giorno evitando però di esagerare perché qualsiasi alimento anche il migliore se consumato in eccesso perde le sue caratteristiche che dipendono quindi da una corretta frequenza di consumo e non dalla quantità!

Di Carla Favaro
Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Dottore di ricerca in nutrizione sperimentale e clinica, pubblicista

Bibliografia

1. Sjögren P, Becker W, Warensjö E, Olsson E, Byberg L, Gustafsson IB, Karlström B, Cederholm T. Mediterranean and carbohydrate restricted diets and mortality among elderly men: a cohort study in Sweden. Am J Clin Nutr. 2010 Oct;92(4):967-74.

2. Knoops KT t. al. Mediterranean diet, lifestyle factors, and 10-year mortality in elderly European men and women: the HALE project.JAMA. 2004 Sep 22;292(12):1433-9.

3. Sofi F, Cesari F, Abbate R, Gensini GF, Casini A. Adherence to Mediterranean diet and health status: meta-analysis. BMJ. 2008 Sep 11;337:a1344. doi: 10.1136/bmj.a1344.

4. Pérez-López FR, Chedraui P, Haya J, Cuadros JL. Effects of the Mediterranean diet on longevity and age-related morbid conditions. Maturitas. 2009 Oct 20;64(2):67-79.

5. Bellisle F. Infrequently asked questions about the Mediterranean diet.Public Health Nutr. 2009 Sep;12(9A):1644-7.

 

Autore: Carla Favaro

Comitato scientifico