La dieta planetaria è uno standard alimentare capace di preservare salute e ambiente e adatta ad ogni individuo: ecco punti di forza e punti critici.

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Porre fine alla malnutrizione in tutte le sue forme ed affrontare in modo olistico le sfide imposte dai cambiamenti climatici e dall’aumento della crescita della popolazione e della domanda di cibo è l’obiettivo che ha portato alla costituzione della commissione EAT Lancet, che nel gennaio 2019 ha proposto una dieta planetaria come standard alimentare capace di preservare salute e ambiente, adatta a ogni individuo, in ogni Paese del mondo.

Si mettono in luce gli impatti socio-economici, nutrizionali e ambientali di vari gruppi di alimenti e i benefici che se ne trarrebbero in termini di emissioni e stato di salute, attraverso cambiamenti progressivi delle abitudini alimentari [8].

EAT è un’organizzazione no-profit, fondata dalla Fondazione Stordalen, dallo Stockholm Resilience Center e dal Wellcome Trust con l’obiettivi di facilitare una radicale trasformazione del sistema agro-alimentare. La commissione scientifica è presieduta da due scienziati di chiara fama: un epidemiologo della nutrizione, Walter Willett, della Harvard Medical School (USA), e un ambientalista, Johan Rockström, dell’Institute for Climate Impact Research, Posdam (DE).

Dieta planetaria e dieta mediterranea: le differenze

In Italia il documento ha incontrato più di qualche critica per una presunta limitazione di libertà di scelte e per paventati rischi di carenze, ma, in realtà, si tratta di una proposta molto simile, pur con qualche differenza, alla dieta mediterranea e alla proposta delle linee guida. Le differenze risiedono principalmente nella proposta di un maggiore consumo di legumi e frutta secca in guscio al posto di cereali, contrariamente alle abitudini mediterranee.

In Tabella 1 sono rappresentate le due proposte di dieta con le frequenze di consumo giornaliero (in verde) o settimanale (in rosso). Per facilitare la comprensione e la comparazione ho trasformato le quantità dei vari alimenti proposte da EAT-Lancet in porzioni, in modo da poter effettuare meglio il confronto con le nostre Linee Guida.

Anche se ad un primo esame i due modelli potrebbero apparire molto diversi, in realtà non è così. La dieta planetaria è tutto sommato un modello mediterraneo nel quale la quota di energia da alimenti vegetali è simile alle indicazioni delle Linee Guida e della dieta mediterranea: in entrambe le indicazioni la quota di calorie derivate da alimenti vegetali è dell’84%.

Maggiore differenza la possiamo riscontrare nella qualità di questa “fetta” di energia che, nelle nostre Linee Guida è rappresentata in larga parte dai cereali, mentre sono i legumi e la frutta secca in guscio a prevalere nella dieta planetaria, con un’ovvia ripercussione sui macronutrienti: meno carboidrati e più grassi nella dieta planetaria.

A parte questo, poco significative invece sono le differenze per quanto riguarda i prodotti animali, escludendo le quantità di pesce, molto, forse troppo esigue nelle raccomandazioni di EAT-Lancet. Il consumo di pesce infatti è tra le pratiche meno sostenibili dal punto di vista dell’ecosistema acquatico, ma la riduzione massiva delle risorse ittiche è a carico di poche specie intensamente consumate, come tonno, pesce spada, merluzzo, sogliola (basti pensare che delle oltre 700 specie commestibili, ne viene commercializzata solo una piccola, circa il 10%, a causa di abitudini alimentari e culturali ormai consolidate), mentre la scelta di pesce di piccola taglia però (alici, sardine, sgombri, ecc.) fa bene alla salute rispettando l’ambiente [9].

Certamente, se dovessimo considerare solamente la sostenibilità ambientale, una dieta che comprenda solo alimenti di origine vegetale è destinata ad avere un impatto decisamente inferiore, sull’impronta idrica, carbonica ed ecologica, ma migliorerebbe solo il dominio ambientale a discapito del dominio “salute”. Infatti la completa sostituzione di prodotti animali con alternative vegetali, comporterebbe sì una riduzione degli impatti ambientali, ma a costo di carenze di zinco, tiamina, vitamina A, vitamina B12 e calcio.

Riducendo invece del 30% il consumo di prodotti animali, si avrebbe una minore riduzione dell’impatto ambientale, ma il mantenimento di uno stato di nutrizione adeguato [10].

Le carenze di alcuni nutrienti sono uno dei punti critici della dieta planetaria proposta da EAT-Lancet, i cui autori ammettono un rischio di carenza di vitamina B12 e propongono il ricorso ad alimenti arricchiti o integrazione in altro modo. Non si può essere certamente d’accordo su questo punto: se una dieta è adeguata lo è senza il ricorso ad integrazioni.

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Autore: PROF. ANDREA GHISELLI, Medico Internista, Presidente SISA – Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione

 

Bibliografia

  1. Report of the United Nations conference on the human environment. Stockholm, 5-16 June 1972. November 1973. Available at http://www.un-documents.net/aconf48-14r1.pdf
  2. Report of the World Commission on Environment and Development: Our common future. . Available at https://www.are.admin.ch/dam/are/it/dokumente/nachhaltige_entwicklung/dokumente/bericht/our_common_futurebrundtlandreport1987.pdf
  3. Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development. Resolution 70/1 2015, Available online: http://www.un.org/ga/search/view_doc.asp?symbol=A/RES/70/1&Lang=E
  4. CREA – Centro di ricerca Alimenti e la nutrizione. Linee Guida per una sana alimentazione. Revisione 2018. 4th Revision. December 2019. Available at https://www.crea.gov.it/web/alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-una-sana-alimentazione-2018
  5. IPCC, Climate Change 2014: Synthesis Report. Contribution of Working Groups I, II and III to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change in Core Writing Team, Pachauri, R.K. and a.L.A. Meyer, Editors. 2014, IPCC: Geneva, Switzerland. p. 151.
  6. WHO. Double-duty actions for nutrition: policy brief. Geneva, World Health Organization, 2017. Available at https://apps.who.int/iris/rest/bitstreams/1084413/retrieve
  7. von Koerber, K., N. Bader, and C. Leitzmann, Wholesome Nutrition: an example for a sustainable diet. Proceedings of the Nutrition Society, 2017. 76(1): p. 34-41.
  8. Willett, W., et al., Food in the Anthropocene: the EAT-Lancet Commission on healthy diets from sustainable food systems. Lancet, 2019. 393(10170): p. 447-492.
  9. Drewnowski, A., The Nutrient Rich Foods Index helps to identify healthy, affordable foods. The American journal of clinical nutrition, 2010. 91 4: p. 1095S-1101S.
  10. Seves, S.M., et al., Are more environmentally sustainable diets with less meat and dairy nutritionally adequate? Public Health Nutrition, 2017. 20(11): p. 2050-2062.
  11. Ferrari, M., et al., Could Dietary Goals and Climate Change Mitigation Be Achieved Through Optimized Diet? The Experience of Modeling the National Food Consumption Data in Italy. Frontiers in Nutrition, 2020. 7(48).
  12. Rose, D., et al., Carbon footprint of self-selected US diets: nutritional, demographic, and behavioral correlates. Am J Clin Nutr, 2019. 109(3): p. 526-534.

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